Un altro punto di vista sulla splendida esperienza del campeggio di impegno a Riace 2022, (inserito nell’ambito del bando Giovani e Agenda 2030 – Mindchangers) nelle parole di Alessia Taglianetti che ha realizzato il video racconto (che potete vedere sul nostro canale YouTube).
“Realizzare questo cortometraggio è stata un’esperienza forte, toccante e per me molto significativa.
Quando ho ricevuto questo incarico sapevo che non sarebbe stato facile, che per raccontare certe storie ci vuole più delicatezza di quella che dosiamo per accarezzare un bambino.
Raccontare Riace è sentirsi fragili.
Ogni secondo vissuto lì mi ha fatto maturare scelte e visioni che cercherò di condividere in queste righe, dove forse alcunə tra i ragazzi e le ragazze del campeggio si riconosceranno, perché sono nate dalle condivisioni, dai discorsi che abbiamo fatto, dalle riflessioni in comune.
In primo luogo, non riprendere i volti dei bambini e delle bambine.
Sono convinta che per raccontare Riace, così come per raccontare qualunque altra storia, anche in un modo emozionante come questo viaggio merita, non sia necessario strumentalizzare le immagini di bambinə che, quotidianamente, vivono con i loro occhi puntati negli obiettivi di giornalisti, televisioni e media in generale.
I bambinə di Riace compaiono nel video solo di schiena oppure in visioni d’insieme, nel pieno rispetto della loro privacy e della loro serenità.
In secondo luogo, con spero altrettanta delicatezza, la scelta di non puntare la telecamera sui ragazzi e sulle ragazze, soprattutto nei momenti di restituzione.
Raccontare il viaggio di 46 persone non è facile.
Ognuno ha le proprie sensibilità, le proprie fragilità: questo viaggio le fa toccare con mano, ti ci fa scavare dentro, e metterci una telecamera in mezzo avrebbe potuto rompere l’autenticità di tanti momenti.
È nata così l’idea di inserire nella timeline gli splendidi acquerelli di Simone Mostacci, che ha saputo rappresentare con le immagini le arterie principali di questo percorso. A lui il mio primo grazie.
Poi, la scelta di cosa non riprendere e di come rappresentare questo silenzio.
San Ferdinando è un pugno nello stomaco.
Per conoscere San Ferdinando è necessario ascoltare, più che vedere.
Ascoltare le storie invisibili.
Il giorno della visita a San Ferdinando, la telecamera è rimasta in campeggio. Credo fosse necessario.
Ho provato a rappresentare questo momento con una sequenza di silenzi.
So che saprete ascoltarli.
E ancora la musica.
Gabriele Guerra, nel realizzare la colonna sonora originale, ha preso spunto dalla nostra playlist condivisa “Colonna sonora della Rivoluzione”, per poi realizzare due brani che spaziano dall’afrobeat di Burna Boy alla poesia di Cantaré, firmata Mannarino, che proprio il giorno della nostra partenza ha fatto visita a Mimmo Lucano nel Villaggio Globale di Riace.
Infine, le lingue, un tema a me molto caro.
Ho avuto l’enorme fortuna di conoscere alcune terre al di là del Mediterraneo, in particolare il Togo e il Benin, due viaggi che mi hanno fatto comprendere, sempre attraverso il dialogo, il valore di temi invisibili come l’importanza di tramandare le lingue native.
Per realizzare le interviste a Riace, grazie alla bravura di Momo, Mohamed Aly – amico e compagno di viaggio, oltre che bravissimo mediatore culturale – ho colto l’opportunità di intervistare molte persone senza passare dalle lingue più diffuse come l’inglese, che nei confronti di alcuni sono lingue coloniali.
Nella versione estesa del cortometraggio, che spero avrete occasione di guardare, ci saranno interventi multilingua. Sono convinta che esprimersi nella propria lingua nativa lasci nel discorso sfumature che, esprimendosi in una lingua non propria, rischiano di perdersi.
E ho notato con dispiacere che, in Paesi come la Nigeria, di dove sono originarie due delle ragazze intervenute, alcune lingue native sono già perse e loro, infatti, hanno scelto di raccontarsi in inglese”.